La storia di Simone

STORIA DI UN PRODE GUERRIERO

Non è stato facile sintetizzare 37 anni dell’intensa vita di mio figlio Simone Parma, molte situazioni sono inspiegabili si comprendono solo se si vivono, è difficile descriverle. Tante persone diversamente abili si isolano dal mondo che li circonda a causa delle loro condizioni, sono convinte di non essere utili a nessuno e non si rendono conto invece di quale ricchezza possono trasmettere. La vita è una lotta quotidiana per tutta l’umanità, chi meglio di loro può insegnare i veri valori?

 

SIMONE PARMA, CLASSE 1978

A Rimini, la capitale del turismo, il 10 settembre del 1978 nasceva Simone Parma, accolto con esultanza da  noi genitori, dai nonni e familiari a seguito. Con noi viveva al primo piano di una grande casa bifamiliare con ampio giardino, era un bimbo meraviglioso tutto da mordicchiare: capelli neri, occhi azzurri che sprizzavano gioia da tutti i pori. Simone cresceva, giocava, iniziava a camminare, a scandire le prime paroline come tutti i bambini, ma di lì a poco iniziava anche a manifestare una certa fatica ad alzarsi da terra.

 

I PRIMI DUBBI

Vedendo quelle difficoltà che si ripetevano giorno dopo giorno e che mi facevano pensare ad un problema di salute, alla grande gioia quotidiana che provavo nel vederlo crescere, improvvisamente si sovrapponeva tanta preoccupazione. Il papà di Simone non notava queste difficoltà perché otto ore al giorno le passava lavorando come tanti bravi papà, e nelle ore restanti spesso lo trovava già a letto. Io che vivevo con lui ventiquattro ore al giorno, notavo anche le sfumature del suo comportamento.

Convinta dell’esistenza di un problema, decisi di portare Simone da uno specialista ortopedico che, alla prima visita, non vide nulla di insolito. Passati pochi mesi andai da un secondo specialista ottenendo lo stesso risultato.  La mia convinzione era sempre più fondata così mi recai da un terzo specialista che mi liquidò sgarbatamente dicendo che mio figlio stava bene e che ero io quella che aveva dei problemi perché,  secondo lui, non accettavo il benché minimo difetto di mio figlio.

 

LA DURA PRESA DI COSCIENZA

Visti gli esiti delle tre visite anche mio marito mi esortava insistentemente a tranquillizzarmi. Purtroppo però le mie preoccupazioni ben presto si trasformarono in una crudele realtà. All’età di tre anni Simone fu ricoverato in ospedale dopo la comparsa di ulteriori problemi: urine scure, dimagrimento, inappetenza, carenza di forze. Fu dimesso dopo 20 giorni con una terribile diagnosi: Distrofia Muscolare di Duchenne. Una malattia genetica causata dalla mancanza del gene preposto al nutrimento dei muscoli che provoca atrofia progressiva degli stessi, riduzione delle capacità motorie e cardio-respiratorie della persona.

Increduli e storditi da quella brutta notizia, io e mio marito sentimmo improvvisamente crollarci il mondo addosso precipitando in un profondo silenzio. Mille domande senza risposte offuscavano la mia mente poi, inevitabilmente, il dolore prese il sopravvento. Simone era affetto da una malattia incurabile che avrebbe radicalmente cambiato la sua vita costringendolo su una sedia a rotelle, io non riuscivo a farmene una ragione mentre mio marito cercava di nascondere le sue emozioni (serenità apparente).

Cercavamo informazioni sulla malattia per capire cosa potevamo e dovevamo fare. Ci consigliarono di rivolgerci all’Associazione UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e più domande facevamo meno credevamo a quello che ci aspettava. Speravamo solo che i medici si fossero sbagliati.

Simone frequentava regolarmente l’asilo ma il ricovero, le ripetute visite mediche, gli estenuanti esami, le fisioterapie lo avevano traumatizzato togliendo serenità alla sua infanzia. In terza elementare, con il progredire della malattia iniziarono i problemi seri. Per mantenere l’equilibrio Simone inarcava la schiena, le sue gambe erano sempre più deboli, avevano difficoltà a reggere il corpo.

 

LE SCALATE DI SIMONE

Dal portone d’ingresso al nostro appartamento c’erano 19 gradini. Mio cognato all’epoca lavorava in una ditta di elevatori, grazie al suo prezioso aiuto ed al contributo statale erogato per l’eliminazione delle barriere architettoniche, installammo un ascensore per alleviare le sofferenze di Simone che faticosamente  saliva quella scala: dovevamo aiutarlo e prenderlo in braccio.

In quel periodo la sua vita fu segnata dalle prime amarezze per non essere stato accettato da alcuni coetanei a causa del suo handicap, purtroppo ci sono bambini che nella loro ingenuità, sanno essere molto crudeli.

La parrocchia aveva programmato un campeggio a Poggio Rimini e da lì, aveva organizzato una lunga passeggiata che presentava diverse difficoltà e aveva come meta il Monte Pincio. Per Simone era un’impresa titanica ma lui era deciso più che mai a seguire il gruppo nonostante il dolore alle gambe che la fatica gli procurava. Attinse con fierezza ad una forza sconosciuta fino a portare a termine tutto il percorso, per lui fu una soddisfazione impagabile.

 

GLI AMICI, I FILM, LE VACANZE

Col passare del tempo i problemi aumentarono e  i medici ci consigliarono un intervento chirurgico  di allungamento dei tendini per prolungare il suo cammino di qualche anno con l’ausilio dei tutori. Purtroppo nell’arco di qualche mese le sue gambe persero completamente le forze costringendolo a frequentare la classe quinta seduto su una sedia a rotelle. In quella situazione il suo sorriso si era spento, le prime cottarelle non condivise, lo avevano portato a pensare di non essere più accettato neppure dai suoi compagni di scuola che invece, con suo grande stupore, lo sostennero con gioia. La nostra vita era in continua rivoluzione sia dal lato lavorativo che gestionale, i sacrifici e le rinunce erano all’ordine del giorno. Simone era figlio unico e aveva bisogno di continua compagnia per alleggerire il peso delle crescenti difficoltà. Durante gli anni scolastici aveva molti amici che si alternavano a casa nostra per una festicciola, una cena, o semplicemente  per guardare un film con lui.

Simone era un ragazzo molto intelligente, amava  leggere si informava su ogni argomento di suo interesse. Il cinema era la sua grande passione: la prima volta che entrò in una sala cinematografica, ne rimase affascinato, già all’ingresso ne percepiva la magia. Fino all’adolescenza durante i mesi estivi, programmavamo le vacanze fra il mare dove avevamo la possibilità di portare Simone in acqua su uno sdraio appositamente predisposto, la montagna aggregandoci a gruppi parrocchiali e la piscina che frequentava a livello terapeutico.

 

UNA PROVA ANCORA PIU’ DURA

All’età di 16 anni a causa dell’importante avanzamento della scoliosi, fu necessario un intervento chirurgico al rachide presso l’ospedale Rizzoli di Bologna per fissare la colonna con due barre, onde evitare lo schiacciamento e il conseguente affaticamento di cuore e polmoni. Simone era  spaventato e stanco di dover affrontare l’ennesimo ricovero, ricovero che si ripeteva regolarmente ogni anno per i relativi controlli presso il presidio Villa Beretta (Co). Dopo essersi informato sulla procedura dell’intervento ed aver ascoltato le esperienze vissute da altre persone, Simone decise di sottoporsi all’operazione consapevole dei rischi ai quali andava incontro. Furono momenti di grande tensione, complicazioni impreviste stavano compromettendo seriamente l’intervento, il cuore si era fermato nonostante tutti gli aiuti farmacologici somministrati. L’attività cerebrale però non si era interrotta,  non restava altro che aspettare e pregare in un miracolo. L’attesa estenuante aumentava la nostra tensione ma ringraziando Dio, il suo cuore riprese a battere restituendo nostro figlio alla vita senza aver subito danni cerebrali per assenza di ossigeno.

Simone rimase qualche giorno in rianimazione dove in determinati momenti della giornata, attraverso un  monitor, poteva vedere amici e parenti che lo andavano a salutare regalandogli grandi emozioni. A causa di quelle complicazioni l’intervento subì sostanziali cambiamenti, non più due ma solo una barra i medici riuscirono a fissargli prolungando di alcuni mesi il periodo di convalescenza. Le contrazioni muscolari di assestamento gli procuravano forti dolori, doveva stare a letto per dare il tempo a quell’unica barra di calcificarsi alla colonna.

 

OPERAZIONE MAOMETTO

Simone era molto preoccupato perchè non poteva andare a scuola, ci teneva molto allo studio e pensava di non riuscire a recuperare le lezioni perse. Parlando con la preside riuscimmo ad attivare un aiuto scolastico che chiamai simpaticamente “operazione Maometto”: se Simone non poteva andare a scuola, la scuola veniva a casa nostra. Vicino al suo letto io e mio marito avevamo assemblato in un carrello, il computer e il monitor. I professori e gli alunni si alternavano per spiegargli le lezioni e portargli i compiti che riusciva a scrivere digitando le lettere sulla tastiera adagiata sul suo addome. A dargli una mano c’era anche Daniela, un’amica di famiglia che per tre mesi aveva aiutato Simone a recuperare le lezioni di scuola perse, facendo da tramite tra lui e i suoi professori. La nostra casa era invasa di gente, insegnanti, compagni di studi, parenti, amici della parrocchia, tutti desiderosi di parlargli e stupiti dalla sua grande forza di volontà e dall’abilità con cui gestiva le attrezzature tecnologiche. Era al centro dell’attenzione circondato da un tale affetto che lo rendeva molto felice.

Il fissaggio della colonna bloccò per sempre la scogliosi ma ci costrinse da quel momento in poi, a dover utilizzare un sollevatore (meccanico prima e successivamente elettrico) per gli spostamenti dalla carrozzina al letto o al bagno e viceversa. Simone ritornò a scuola sostenuto da un busto ortopedico e già dalla prima interrogazione aveva ricevuto con sua grande soddisfazione, i complimenti dalla professoressa per l’eccellente recupero.

 

SUPERMATURO

In quel difficilissimo periodo della sua adolescenza, ci furono molti cambiamenti: con la schiena così bloccata nostro figlio non riusciva più a mangiare da solo e bisognava imboccarlo. Inoltre, un certo pudore gli creava imbarazzo durante l’igiene personale e sentiva un forte disagio nell’utilizzare ausili per le sue necessità corporee. Simone conseguì la maturità  in Analista Contabile Informatico Gestionale con il massimo dei voti 60/sessantesimi, proseguì poi gli studi in Informatica con obbligo di frequenza presso l’Università di Cesena. Tutte le mattine ci alzavamo di buon’ora, posizionarlo in carrozzina richiedeva tempo e l’orario delle lezioni andava rispettato. Con l’auto di nostra proprietà debitamente attrezzata per il trasporto di carrozzine lo accompagnavo in sede, pranzo al sacco preparato la sera precedente a casa, dove facevamo ritorno spesse volte nel tardo pomeriggio. Dopo qualche mese si rese conto però di non riuscire fisicamente a sostenere quei ritmi e si ritirò.

Nel 2000 iniziò a  frequentare un corso di “tecnico del commercio elettronico” presso la Fondazione ENAIP (Centro Zavatta), nell’anno successivo la scuola portò tutta la classe all’Università di Lugano per far conoscere agli alunni il procedimento del commercio elettronico all’estero. In questo viaggio partecipammo anche noi genitori per aiutare nostro figlio in tutte le sue necessità quotidiane.

 

LA DETERMINAZIONE DI SIMONE

In seguito Simone fece uno stage presso la ditta Elettrofutura che riusciva a garantirgli l’accessibilità. Voleva inserirsi nel mondo del lavoro, fino a quel momento aveva avuto qualche opportunità lavorativa attraverso la scuola superiore. Iniziò ad inviare numerosi curriculum alle aziende specializzate nel settore informatico nelle quali non riuscì neppure a fare un colloquio a causa dell’esistenza di quelle barriere architettoniche che avevano contribuito negativamente ad ostacolare tutta la sua vita.

Con grande determinazione, si iscrisse ad un nuovo corso di “tecnico delle produzioni audiovisive”  presso il Centro Studi Europa che gli rilasciò il diploma di Qualifica Superiore e successivamente fece uno stage presso la ditta Tecnetica. Le nuove competenze acquisite gli permisero di elaborare e realizzare presso la propria abitazione alcuni video didattici retribuiti.  Il telelavoro qui in Italia non era attivo e Simone con grande rammarico e delusione, capì che non avrebbe mai trovato lavoro a causa della sua disabilità. Pensò allora di cercare su internet concorsi cinematografici di suo interesse ed ecco nel 2003 caricarsi come per magia, il sito di un importante premio per scrivere per il cinema, il Premio Solinas. Scaricato il bando di concorso e il regolamento, mise in moto le idee, aprì sul computer il programma di videoscrittura e si mise al lavoro realizzando  un soggetto cinematografico dal titolo: “HANDICAP: vivere combattendo” che però purtroppo non venne selezionato tra i 10 finalisti deludendo le sue aspettative.

Per raggiungere una minima autonomia economica, prese in considerazione l’opportunità di fare il Servizio Civile presso il Centro Educativo Italo-Svizzero dove si occupò dell’archivio dei dati.

 

L’OSPEDALE A CASA

Passavano gli anni ma non i problemi che erano sempre più presenti e difficili da gestire, la comparsa di importanti apnee notturne confermavano un peggioramento della malattia, era necessario ricorrere alla ventilazione artificiale con un apparecchio meccanico (respiratore) che facilitava la respirazione. Il respiratore era dotato di mascherina che faceva da ventosa sul suo viso creandogli con il tempo, dolorose lesioni.

Dal 2004 Simone venne seguito scrupolosamente e con grande professionalità dai medici della pneumologia dell’Ospedale Ceccarini di Riccione, cinque anni dopo l’ASL di Rimini diede vita ad un importante progetto organizzato da un team di medici   dell’ Ospedale Infermi di Rimini che avevano come obiettivo quello di portare l’ospedale a casa del paziente, evitandoci così vari ricoveri per i controlli periodici e lunghi viaggi. La vicinanza affettuosa, fraterna dell’amica Chiara, lo alleggeriva da quel carico di preoccupazioni  con le quali conviveva quotidianamente. Lei era per Simone la confidente, la sorella che non aveva mai avuto, appena i suoi impegni glielo permettevano, era sempre pronta chiavi in mano da Osimo a Rimini a raggiungerlo per sostenerlo e per sostenerci nelle difficoltà.

 

LA VITA, NONOSTANTE TUTTO

Difficoltà sempre più importanti amareggiavano le giornate di  nostro figlio, l’approccio con il respiratore metteva a disagio molte persone, lui cercava disperatamente la compagnia quotidiana degli amici che iniziava a scarseggiare, ormai erano tutti adulti e patentati, chi lavorava, chi aveva la fidanzata, chi ancora studiava: con loro condivideva momenti indispensabili di spensieratezza. Troppe delusioni avevano segnato la sua giovane vita, non trovava lavoro, gli mancava l’amore (la paura di essere rifiutato per la sua condizione lo bloccava ogni volta che faceva il tentativo di avvicinarsi ad una ragazza), i sogni svaniti, i grandi viaggi mancati.

Simone era spaventato al pensiero di avere poco tempo da vivere, amava la vita e per lei aveva lottato con tutte le sue forze come un prode guerriero. Sfogava le sue emozioni solo a casa, fuori da quelle mura era sempre estroverso, sorridente, comunicativo, elargiva consigli con grande tatto. Era determinato e coraggioso, nonostante tutto aveva tanta voglia di divertirsi, si sentiva gratificato quando riusciva da solo con la sua carrozzina elettrica, a  percorrere i 7 km che separavano casa nostra dal centro passando per il mare. Una membrana sensibilissima gli permetteva di guidare con sicurezza, fiero di quella autonomia che lo accompagnava lungo le strade.

Frequentò con entusiasmo per due anni un corso di teatro, d’inverno le sale cinematografiche non avevano segreti per lui, sapeva sempre scegliere e consigliare i film migliori. D’estate tutte le sere lo accompagnavo dopo cena sul lungomare, era  disposto a girare anche da solo per locali e pub dove solitamente invece, incontrava qualche amico per fare quattro chiacchiere e divertirsi un pò, perdendo così di vista l’orario.

 

IL PESO DELLA MALATTIA

Per anni noi genitori avevamo cercato attraverso le cooperative e non, un giovane che sentisse il piacere di affiancarlo ogni giorno durante le  uscite e personale sensibile e competente per alleggerire le nostre fatiche.

Le persone affette da patologie gravissime con le quali devono convivere quotidianamente non hanno bisogno del supporto di gente frettolosa e insofferente ma di persone motivate, professionali, che sappiano donare un sorriso ed instaurare un rapporto di fiducia, qualità che fanno la differenza fra chi lavora con coscienza nel rispetto del malato e chi no. Dopo tante battaglie, avevamo trovato le persone giuste ma, per motivi economici, ci sollevavano solo per poche ore settimanali. Nelle varie fasi di aggravamento della malattia una miriade di ausili, non sempre graditi, avevano aiutato Simone a far fronte alle necessità del momento: busti, tutori, letti, cuscini e materassi antidecubito, sollevatori, carrozzine appositamente strutturate per la sua postura con le quali da ragazzino, aveva partecipato a gare di hockey.

Alle complicazioni cardiache e respiratorie si aggiunsero man mano il reflusso, l’Helicobacter Pylori, la sindrome di Refetof (resistenza agli ormoni tiroidei), le difficoltà di deglutizione e nutrizionali, indebolendo  progressivamente il suo fisico sottoposto ad un altro intervento chirurgico per impiantare un defibrillatore.

 

LA BATTAGLIA PER LA FIRMA DIGITALE

Nell’ottobre del 2014 Simone fu protagonista di una spiacevole ingiustizia. Si era recato all’ufficio anagrafe di Rimini per chiedere di rinnovare la sua Carta di Identità scaduta: non potendo firmare con l’ausilio delle sue mani a causa di una disabilità fisica che la malattia gli aveva gentilmente regalato, gli era stata negata la richiesta di un aiuto.

 

L’impiegata, pur riconoscendo la sua  totale capacità di intendere e volere, aveva scritto sul documento la dicitura “IMPOSSIBILITATO”. Simone voleva partecipare attivamente alla vita sociale, culturale ed economica della sua città senza dover essere costretto a delegare qualcun altro a rappresentarlo nelle azioni burocratiche. “Ritengo che lo Stato, attraverso gli strumenti tecnologici moderni, debba fornirmi i mezzi per firmare adeguati alla situazione mia e di migliaia di disabili in Italia e non costringermi a delegare un mio diritto”, scriveva Simone su Facebook.

Elaborò lo slogan “Firmo quindi sono”, il logo e diverse proposte. La sua campagna trovò il sostegno di associazioni, amministratori e rappresentanti di diversi schieramenti politici, a livello locale e nazionale. Si batteva per tutte le persone diversamente abili, per superare il buco legislativo che non permetteva ai disabili motori di firmare, e per trasformare questo diritto in legge.

 

CIAO, SIMONE

Amato e stimato da tutti coloro che lo conoscevano per la sua ironia e tenacia si definiva DISTROFIGO IMPEGNATO NEL SOCIALE CON LA CAMPAGNA “FIRMO QUINDI SONO” E FIERO GESTORE DELLA PAGINA FB “L’APPASSIONATO SUGGERISCE”

Simone ci  lasciò il 4 Novembre 2015, dopo un aggravamento delle sue condizioni, all’età di 37 anni senza poter vedere il successo della sua battaglia.

Il funerale di Simone fu celebrato il 7 novembre alla chiesa di Viserba monte dal vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi. La chiesa era gremita: c’erano tanti parrocchiani, i membri della UILDM di Rimini, l’Unione per la Lotta alla Distrofia Muscolare, l’associazione Luca Coscioni e tante persone che lo avevano conosciuto per il suo impegno e tanti degli amici che lo avevano conosciuto nei luoghi di ritrovo dove la sua voglia di vivere lo aveva sempre portato.

Il vescovo nella sua Omelia sottolineò come la vita di Simone è stata piena anche se breve: “Il metro per valutare la pienezza della vita non è il numero dei giorni, ma la luce con cui quei giorni li abbiamo rischiarati“, disse parlando di Simone e del suo impegno.

 

LA BATTAGLIA CONTINUA

Dopo la sua dipartita, FIRMO QUINDI SONO non si era fermato, Simone purtroppo se n’è andato nel novembre 2015 ma la battaglia nata dalla sua tenacia è continuata.

Il 10 febbraio 2016, grazie all’interessamento del deputato riminese Tiziano Arlotti, “FIRMO QUINDI SONO” varcò la soglia di Palazzo Chigi.

Un impegno che ha portato il primo fondamentale risultato nel luglio 2017, con la circolare 3/2017 dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgiD) dal titolo “Raccomandazioni e precisazioni sull’accessibilità dei servizi pubblici erogati a sportello dalla Pubblica Amministrazione, in sintonia con i requisiti dei servizi online e dei servizi interni”. Le raccomandazioni contenute, in linea con i principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, sollecitano la Pubblica Amministrazione a favorire il più possibile l’inclusione dei servizi in questione.

La notizia tanto attesa mi riempie di gioia e commozione, dopo un lungo lavoro di squadra per il riconoscimento della volontà e dei diritti delle persone disabili, AgiD ha finalmente emanato una Circolare Ministeriale che colma quel buco legislativo che li privava di rispetto e dignità. Una Circolare non è una legge ma è comunque un grande passo avanti per agevolare l’accesso e la fruibilità dei servizi erogati allo sportello dagli Enti Pubblici.

Ora è ufficiale, è stato raggiunto un primo importante obiettivo, via libera alla firma digitale,  tutti i giornali locali ne parlano.

Con una lettera del 12 dicembre 2017 il direttore di AgiD Antonio Samaritani specificava inoltre che la Circolare “ha valore giuridico e le pubbliche amministrazioni sono chiamate alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dell’amministrazione digitale e alla piena ed effettiva attuazione del diritto all’uso delle tecnologie ICT (Information and Communication Technologies)”.

 

Simone ha vinto la sua battaglia.
Il mio grande rammarico è che lui non è più qui con noi per gioire di questo successo.

RICORDANDO SIMONE

Ivan Innocenti dell’Associazione Luca Coscioni che mi ha affiancata in questa battaglia commenta:

 

Alcune persone trasformano i propri dolori e limiti in arma per la rivendicazione dei diritti di tutti. Non si fermano alle proprie necessità ma trasformano le ingiustizie subite in azione sociale rivolta alla emancipazione di tutta la collettività. Spesso sono proprio quelle persone che meno hanno e che invece, più offrono.

Simone Parma aveva trasformato la discriminazione subita, in iniziativa pubblica per la rivendicazione di un diritto per tutti. Rivendicava che le istituzioni fossero in grado di raccogliere le indicazioni di qualsiasi cittadino, chiedeva che si riconoscesse l’origine dell’espressione individuale e la volontà, indipendentemente dal mezzo e dalla forma con cui si poteva esprimere.

 

Nell’ultimo saluto dell’Ass. UILDM di Rimini si legge:

 

GRAZIE SIMONE PER AVERCI INSEGNATO CHE A VOLTE PER ALZARSI IN  PIEDI NON SERVONO LE GAMBE

 

Questo è quello che come madre di Simone mi sono sentita di scrivere su Facebook, dove in tanti ci hanno fatto sentire la loro vicinanza, dopo il funerale: “Io e Gilberto siamo stati genitori molto fortunati perchè la vita ci ha dato un dono preziosissimo: Simone. Da lui abbiamo imparato il valore della vita, era un ragazzo sensibile, coraggioso, combattivo, tenace, onesto, sincero e dolcissimo. Non era esente da difetti ma i suoi pregi lo rendevano una persona specialissima. Chi lo ha conosciuto non ha potuto fare a meno di amarlo, sostenerlo e ammirarlo. La malattia ha spezzato i suoi sogni, le sue speranze, i suoi desideri ma non la sua grinta combattiva che lo ha accompagnato fino alla fine. Odiava il pietismo e le ingiustizie, ha lottato con tenacia per i diritti dei disabili senza poter avere soddisfazione dell’esito finale.

Noi genitori porteremo avanti la sua battaglia perchè i suoi sforzi sono meritevoli di successo. Simone ha combattuto e sofferto a causa dell’ignoranza di quelle persone che si sono permesse di offenderlo per la sua disabilità però, ha anche avuto la fortuna di gioire con tanti Amici che lo hanno sostenuto e amato affiancandolo nella vita sociale. Simone amava stare in mezzo alla gente, AMAVA LA VITA. Il cinema, il teatro, i concerti, la lettura, erano le sue passioni. GRAZIE di cuore a tutti coloro che hanno contribuito con la loro presenza e disponibilità a dare a Simone quei momenti di spensieratezza e gioia che hanno alleggerito il carico della malattia. SIMONE E’ STATO UN GRANDE ESEMPIO DI VITA. L’ultima enorme manifestazione di affetto che ha ricevuto, ha confermato la sua grandezza.

Grazia